La Cassazione con l'Ordinanza n. 12060 del 7 Maggio 2025 ha stabilito che la lavoratrice durante la gravidanza non può essere licenziata per superamento del periodo di comporto in quanto:
- la maternità è un diritto costituzionalmente garantito.
- la maternità prevale sulle esigenze organizzative aziendali.
- non può essere fonte di preoccupazione per la stabilità lavorativa.
Cosa comporta questa sentenza?
1. Le assenze per malattia dopo lo stato oggettivo di gravidanza non si calcolano nel periodo di comporto.
2. Il licenziamento intimato è NULLO.
3. la lavoratrice ha diritto alla reintegra.
Il divieto di licenziamento opera quindi:
- dall'inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino ( ex art. 54 D.Lgs. 151/2001).
Divieto di licenziare la colf o badante in gravidanza
Anche per colf e badanti vige il divieto di licenziamento in gravidanza per superamento del periodo di conservazione del posto. Nel caso specifico ci si riferisce al periodo in cui la collaboratrice è in stato interessante ma non è ancora in maternità obbligatoria. Se la collaboratrice dovesse essere licenziata per supero del periodo di comporto, considerata la specificità del settore, si ritiene che il licenziamento sia comunque efficace ma dia titolo alla lavoratrice di richiedere un risarcimento corrispondente ai valori retributivi non ricevuti per effetto del licenziamento illegittimo.
Il caso di supero del periodo di comporto, nel caso concreto, può accadere, ad esempio nel caso di una collaboratrice domestica in gravidanza che si assenta diversi giorni per malattia, magari per problematiche inerenti la gravidanza ( coperta da certificato medico ), e nel frattempo supera il periodo di comporto che nel frattempo continua a decorrere.
In questo caso, anche se il periodo di comporto viene superato, il datore di lavoro non può licenziare la collaboratrice, secondo la previsione dalla sentenza citata.
L'unica eccezione viene suggerita dall'art. 25 comma 3 del Ccnl colf e badanti il quale riporta 'Dall’inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, e fino alla cessazione del congedo di maternità, la lavoratrice non può essere licenziata, salvo che per giusta causa. Le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice in tale periodo sono inefficaci ed improduttive di effetti se non comunicate in forma scritta o se non intervenute nelle sedi di cui all’art. 2113, 4° comma del codice civile. Le assenze non giustificate entro i cinque giorni, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento della lavoratrice.'
Il comma 3 stabilisce un'unica eccezione al divieto di licenziamento, ossia il sussistere di un fatto grave, tale per cui il rapporto non può proseguire e si rende necessario interrompere per giusta causa.
Dal testo dell'art. 25 si evince che la collaboratrice può essere licenziata anche nel caso in cui il concepimento/ instaurarsi della gravidanza sia avvenuto in un momento antecedente l'inizio del rapporto di lavoro.