Divieto di licenziare la colf o badante in maternità
Ai sensi dell'art.25 comma 3 del Ccnl il datore di lavoro domestico non può licenziare la collaboratrice in gravidanza a partire dall'inizio della gestazione fino al termine del periodo di astensione obbligatoria, a meno che non si verifichino delle mancanze o dei fatti gravi che rendano impossibile il proseguimento del rapporto e si possa ricorrere al licenziamento diciplinare ( per giusta causa ).
Il divieto di licenziamento della colf o badante in gravidanza però non è tutelato dalla legge. In tema di lavoro domestico infatti non opera il divieto di licenziamento della collaboratrice in stato di gravidanza atteso che l'art. 62, comma 1, del d.lgs n. 151 del 2001 richiama gli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22 commi 3 e 6 ma anche l'art. 54 dello stesso decreto ( Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 2 Settembre 2015 n. 17433 ).
Questo significa che nel caso di licenziamento nel periodo protetto il licenziamento è valido e produce l'effetto di interrompere il rapporto di lavoro ma il datore di lavoro è tenuto a corrispondere quello che non è stato erogato secondo la previsione contrattuale, ovvero il 20% durante il periodo di gravidanza ad integrazione dell'indennità Inps, la maturazione dei ratei di ferie e tredicesima ( quest'ultima al 20% ) oltre al trattamento di fine rapporto.
Infine, a maggior tutela della collaboratrice domestica, l'art. 40 comma 2 del Ccnl stabilisce che qualora il datore di lavoro licenzi la colf o badante entro i primi 31 giorni dal rientro dalla maternità il preavviso da corrispondere è doppio.
Casi in cui è possibile licenziare la colf in maternità
Possono tuttavia verificarsi delle casistiche che consentono il licenziamento della collaboratrice anche durante il periodo di maternità obbligatoria:
1) in caso di decesso del datore di lavoro in quanto è resa impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro a causa di un giustificato motivo oggettivo che impedisce la prestazione ( occorre comunque concedere il doppio del preavviso ).
2) nel caso in cui, stando all'interpretazione dell'art. 25 comma 3 del Ccnl, la gravidanza/ concepimento sia avvenuta prima che iniziasse il rapporto di lavoro.
Dimissioni della colf o badante durante la maternità obbligatoria
Anche se avviene di rado, vi è la possibilità che sia la collaboratrice a rassegnare le dimissioni nel periodo del congedo obbligatorio, sotto forma scritta. Non è necessario convalidare le dimissioni, inoltre la collaboratrice in questo caso non è tenuta a dare il preavviso.
In relazione a questo caso si segnala la sentenza n. 149 del Tribunale di Lodi.
Il caso è il seguente. Una collaboratrice familiare si era dimessa durante il periodo di maternità per seguire la figlia e aveva presentato domanda di NASPI avendo maturato i relativi requisiti contributivi. La prestazione era stata negata dall'Inps, era stato ritenuto infatti che la collaboratrice non rientrasse nell'ambito degli artt. 54 e 55 del T.U. maternità del 2001. Il Tribunale ha accolto il ricorso della lavoratrice, secondo il combinato disposto dell'art. 1 secondo comma, del T.U. maternità, che fa salve le condizioni di maggior favore stabilite da altre disposizioni e dell'art. 25 del Ccnl Lavoro Domestico che al comma 3 prevede il divieto di licenziamento di cui agli artt. 54 e 55 del Testo Unico. L'interpretazione a sostegno del diritto della lavoratrice madre viene adottata anche in considerazione del generale divieto di discriminazione posto all'art. 3 dello stesso d.lgs 151/2001.